La malattia di Alzheimer è tra le più frequenti delle demenze e, secondo statistiche mondiali, si prospetta che nel 2050 un soggetto su 80 della popolazione ne sarà affetta.
Cosa comporta la demenza di Alzheimer (AD)?
La demenza d' Alzheimer ha un andamento abbastanza imprevedibile rispetto ai tempi del decorso della malattia e alle aree cerebrali coinvolte che comportano deficit cognitivi.
Il decorso più comune parte dalle aree temporali che coinvolgono le funzioni mnesiche per poi arrivare alle aree frontali (disturbi del comportamento e deficit delle funzioni esecutive), alle aree parietali (percezione del proprio corpo e dello spazio circostante alterate), per poi raggiungere le aree occipitali che coinvolgono il riconoscimento dei volti, anche dei propri familiari.
Queste alterazioni neurologiche, le cui cause sono ancora oggetto di studio, comportano deficit evidenti che causano cambiamenti significativi nella vita del soggetto che non è più in grado di gestire autonomamente le faccende di vita quotidiana:
- il soggetto è disorientato nel tempo e nello spazio per cui facilmente si perde se non accompagnato;
- non ricorda eventi recenti;
- presenta alterazioni del comportamento sul versante apatico o disinibito;
- non riesce a gestire il denaro;
- ha difficoltà a riconoscere le persone care.
Il decorso della malattia necessita di essere monitorato ogni sei mesi ( o a cadenza annuale, a seconda della velocità del decadimento delle funzioni cognitive) attraverso la somministrazione di test neuropsicologici che indagano, attraverso l' analisi della prestazione del soggetto ai test, le funzioni preservate e quelle in decadimento.
Qual è l'impatto dell' AD sui familiari?
Per prima cosa è importante informare i familiari sul possibile decorso della malattia al fine di prepararli alle prossime manifestazioni attese e spiegare, cosa fondamentale, che i farmaci in commercio NON CURANO la malattia, ma sono utili per diminuire l' impatto dei sintomi.
Ciò che si riscontra maggiormente attraverso i colloqui con i familiari dei soggetti affetti da AD è una forte frustrazione che essi provano nell' impossibilità di gestire una situazione così complessa e di poter badare in prima persona al familiare malato per questioni familiari o lavorative e avere la sensazione di non riuscire ad essere dei care-givers efficienti. Spesso è necessario delegare e affidare il proprio marito o la propria moglie, madre o padre, ad una persona esterna perchè se ne prenda cura al meglio, senza essere assaliti dal senso di colpa di "abbandonare" il proprio caro.
Molto spesso dai racconti dei familiari si evince la sensazione che il malato sia cambiato; questo genera una forte sensazione di tristezza e rassegnazione che deve essere accolta dallo psicologo che ha il compito di riferire loro che questi tipi di patologie non alterano la personalità, ma la mostrano.
Un uomo che è sempre stato tranquillo, non agitato, non mostrerà maggiormente disturbi comportamentali sul fronte della disinibizione, ma piuttosto il suo comportamento sarà per lo più apatico.
I disturbi comportamentali, che sono quelli che più mettono in crisi i familiari che "non riconoscono più il loro caro", oscillano su un continuum che va da un versante apatico ad uno euforico, agitato e disinibito.
Queste informazioni, che possono essere giudicate come superflue, sono invece fondamentali per fornire ai familiari una maggiore comprensione di ciò che sta accadendo.
Altro aspetto che genera una forte frustrazione nei care-givers è l' incapacità del malato di riconoscerli: questo "disconoscimento" del proprio ruolo di figlio o coniuge provoca una rassegnazione che ha un impatto molto forte e che spesso sfocia in comportamenti aggressivi e non comprensivi nei confronti del soggetto malato.
Come affrontare l' AD?
Come ho già accennato nelle righe precedenti, non ci sono farmaci in commercio che curano la malattia, ma possono piuttosto diminuire l' impatto dei sintomi nella daily-life.
Ciò che risulta utile al malato AD è quello di condurre una vita stimolante, promuovendo la socialità cercando di contrastare il ritiro sociale, non sentirsi un peso per la propria famiglia e avere il supporto necessario per svolgere una vita dignitosa.
I familiari, invece, hanno l' arduo compito di soddisfare le richieste, contrastare quelle inopportune, organizzare al meglio la vita del proprio caro, anche assumendo una persona esterna che si occupi della maggioranza delle faccende: lavarli, nutrirli ed essere di compagnia.
Insomma, l' AD è una malattia per chi ne è affetto e un duro fardello da portare per chi deve prendersene cura, ed è per tale motivo che in questo spazio online vorrei rispondere alle vostre domande in questione rispetto a tutte le curiosità e\o perplessità.
Dott.ssa Fabrizia Tudisco
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